Privacy Policy De Rosa: "Riesco a conciliare studio e pallavolo. Con Jasmine sana competizione" - CUS Caserta

De Rosa: “Riesco a conciliare studio e pallavolo. Con Jasmine sana competizione”

CAPUA (CE) – Olimpia De Rosa, studentessa di Farmacia della Luigi Vanvitelli nonché palleggiatrice del CUS Caserta, in questa chiacchierata ci spiega, tra le altre cose, le peculiarità del suo ruolo, il come riesce a conciliare studio e pallavolo e il vantaggio della competizione interna.

Olimpia, dopo il girone di andata che idea ti sei fatta di questo campionato di Serie D e che ruolo può avere il CUS Caserta?

“Beh, sicuramente la competizione è aumentata rispetto alla Coppa Italia che disputammo l’anno scorso, in cui mancava anche quello sprone aggiuntivo dato dalla possibilità di retrocedere. Già solo la presenza di questo elemento incide non poco sulla voglia di vincere. Sinceramente non mi aspettavo che fossimo a questo livello di squadra. L’età media è bassa, vedi Carmela (Costagliola, ndr.) e Maria (Ferraro, ndr.), a differenza di altre squadre più esperte, quindi credo sia normale avere alti e bassi. Quello che stiamo facendo potrà però rivelare i suoi frutti in futuro. Magari già dalla prossima stagione.”

Tu sei una palleggiatrice, un ruolo fondamentale e insieme delicato. Come convivi con le responsabilità che comporta?

“Diciamo che è un ruolo che ricopro da sempre, da quando ero bambina: io ho iniziato a giocare all’età di sei anni. All’inizio non mi faceva impazzire, perché di fatto il palleggiatore realizza pochissimi punti. Però crescendo ho compreso che l’apporto del palleggiatore si ripercuote sul resto della squadra. Se io giro in un certo modo la squadra gira in un certo modo. Il palleggiatore, come mi hanno sempre detto sin da bambina, deve essere una spugna: deve assorbire assorbire assorbire, ma quando è chiamato in causa deve esserci sempre. Se viene meno il palleggiatore la squadra rischia di andare alla deriva. È un ruolo complicato e responsabilizzante, che trova soddisfazione più negli assist che nei punti diretti. Tuttavia la mia voglia di fare punto la esprimo in battuta, un fondamentale che ho perfezionato proprio perché durante lo svolgimento del gioco mi è difficile piazzare qualche colpo vincente.”

L’anno scorso eri titolare fissa, mentre quest’anno ti giochi il posto con Jasmine (Tirone, ndr.). La presenza di una ‘competitor’ ti ha motivato o destabilizzato?

“Allora, tre anni fa non ero titolare fissa, ero la più piccola del gruppo, quindi stare con compagne più grandi mi ha fatto crescere dal punto di vista sia tecnico che caratteriale. Così come l’anno scorso, giocare sempre da titolare, anche con il gomito dolorante, mi ha fatto sentire importante per la squadra. Quest’anno, e ritorniamo al punto di prima, l’elemento di novità è rappresentato dalla competizione. È chiaro che lì per lì posso rimanerci male se vengo esclusa dalla formazione titolare, però è anche giusto che chi riesce ad allenarsi meglio e con continuità alla fine meriti il posto. Se vedo che in quel momento Jasmine è più in palla di me, alzo le mani. Però, ripeto, si tratta di una sana competizione interna. Ti dirò di più: essere titolare fissa non è nemmeno così positivo come si può credere. Sapere che il tuo ruolo non è mai messo in discussione ti fa abbassare la guardia, ti rilassa e quindi inconsciamente le prestazioni ne risentono. Sapere invece di avere alle spalle o sullo stesso piano una giocatrice valida che scalpita ti impone di dare sempre il massimo.”

Come si crea la giusta sintonia con le attaccanti della squadra?

“Essere in sintonia anche fuori dal campo si ripercuote positivamente anche sul gioco, questo è innegabile. Il palleggiatore in questo senso deve essere anche un po’ psicologo, per cui conoscere le caratteristiche e i caratteri delle compagne diventa fondamentale. Invece ci vuole un po’ più di tempo per mettere a punto una sintonia con compagne nuove. Per sviluppare un’intesa di gioco anche con Caterina (Carusone, ndr.) ho chiesto aiuto proprio a Jasmine, che la conosce bene e che ci ha giocato insieme negli anni scorsi. Allo stesso modo Jasmine ha chiesto a me dei consigli per esaltare le caratteristiche di Federica (Picciuolo, ndr.) e Checca (Oliviero, ndr.). Alla fine il dialogo costruttivo, insieme alla competizione, può fare solo bene alla squadra.”

Come riesci a conciliare studio e pallavolo?

“Male (ride, ndr.)! A parte le battute, devo dirti che sapere di avere allenamento a un certo orario mi fa ottimizzare i tempi per lo studio. Può sembrare strano, ma durante il lockdown, nonostante per forza di cose avessi tutto il tempo del mondo per studiare, l’impossibilità di uscire di casa, compresa quella di giocare a pallavolo, mi ha fatto combinare ben poco. Quindi posso tranquillamente dire che più mi alleno e più studio. Sono due cose che si influenzano a vicenda in modo positivo.”

Come mai il numero 11?

“Una motivazione precisa non c’è, se non forse quella che amo i numeri dispari. Diciamo che ‘porto’ questo numero sin dal 2012, anno in cui feci il mio esordio con l’under 13. Da allora non l’ho mai mollato e non lo mollerò nemmeno ai prossimi CNU.”

Un’ultima curiosità: anche Giovanni, il tuo fidanzato, gioca e quando può segue tutte le tue partite. La pallavolo entra nei vostri discorsi? Ti dà suggerimenti, consigli?

“Stiamo ore, ore e ore a parlare. Lui è di un altro livello, ha anche allenato. I suoi consigli sono ad ampio raggio, e non hanno ad oggetto solo la mia prestazione. Tra l’altro anche il fatto di uscire spesso insieme a me e alle mie compagne/amiche di squadra lo facilita nel sedersi a capotavola a elargire indicazioni a tutte noi…”.

A cura di Luigi Fattore

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