Ci sono persone che vengono precedute, se non addirittura annunciate, dalla energia che emanano. Una di queste è certamente Anna Raimondo, studentessa di Lettere Classiche della Luigi Vanvitelli, nonché calcettista e capitana della rappresentativa del CUS Caserta agli ultimi Campionati Nazionali Universitari di Cassino. Ma la pratica del calcio a 5 è soltanto uno degli innumerevoli ambiti in cui Anna esprime la propria personalità…
Anna, è passato più di un mese dai CNU di Cassino: ti capita spesso di pensare a quell’esperienza e, se sì, in che termini?
“Sì, sicuramente è stata un’esperienza bella sotto tanti punti di vista. Mi ha cambiata. Il fatto stesso di stare per un breve ma intenso periodo di tempo con persone che non avevo mai frequentato prima ha fatto sì che dovessi adattarmi in fretta a questa situazione inedita. Una cosa da non dare per scontata per una persona come me, abbastanza ferma nella sua campana di vetro. Non è stato semplice, infatti, trovare un equilibrio con persone diverse; tuttavia posso dire che sono felice, perché vedo che nonostante tutto, nonostante il mio essere introversa (al di fuori della mia comfort zone, intendo), sento di aver fatto un passo in avanti. Mi sento cresciuta, ecco.”
Da un punto di vista tecnico cosa senti di aver imparato nel mese di allenamenti, che ha preceduto l’esperienza di Cassino, sotto la guida di mister Barbato?
“L’empatia e l’equilibrio creati con il mister mi sono stati di grande aiuto. Provenire da un gioco individuale come il tennis e passare, poi, a un gioco di squadra, mi ha costretta a ripensare a certe dinamiche: un conto è stare a contatto con la racchetta e la pallina, ben altra cosa è invece interagire in un contesto collettivo, in cui è necessario ambientarsi e farsi conoscere anche in tempi rapidi. Nonostante tutto, però, credo di aver dato tutta me stessa e di aver messo tutta la mia energia a disposizione della squadra; anzi, sono convinta del fatto che il poter contare sulle compagne di gioco e il darsi una mano a vicenda sia stato l’aspetto più importante che mi ha lasciato questa esperienza.”
Non è un mistero che a te piace molto stare al centro dell’attenzione. Si può dire che questa tua caratteristica si riflette anche nel tuo stile di gioco, visto che il più delle volte sei tu a impostare l’azione e, allo stesso tempo, in fase di non possesso, ti prodighi per riconquistare palla?
“Assolutamente. Sicuramente stare al centro dell’attenzione è un po’ il mio obiettivo, parlo in senso positivo, naturalmente. Penso di poter dare qualcosa e mi fa piacere farmi notare, farmi vedere, perché in questo mondo nessuno ti regala nulla. Così come nel calcio nessuno ti regala la palla, perciò devi essere tu ad andare a prendertela e magari mettere gli altri nelle condizioni di fare gol. Ecco, per me è più importante creare opportunità, creare gioco per gli altri anzichè segnare io in prima persona. Ci si può divertire lo stesso anche senza segnare.”
Cosa pensi della risonanza mediatica che ha avuto la vostra partecipazione ai CNU?
“Diciamo che anche io mi sono impegnata a far puntare l’attenzione su quello che abbiamo fatto. È stato giusto rimarcare questa esperienza, perché sia per il CUS Caserta, la Vanvitelli, e direi le università del sud, credo che abbiamo dato un grosso impulso; tuttavia, forse è stato un po’ esagerato questo continuo sottolineare ‘femminile’ con riferimento al calcio a 5, perché ormai è diventato talmente naturale pensare a una donna che pratichi sport, tutti gli sport, che mi sembra inutile sottolinearlo di volta in volta. Quello che voglio dire è che non conta il sesso o l’orientamento sessuale, ma solo il coraggio, la passione, l’impegno che abbiamo messo nell’interessarci a questo progetto, assumendocene tutte le responsabilità che ne sono derivate.”
I piedi di solito sono un elemento estetico per le donne. Volevo sapere che rapporto hai con i tuoi piedi e se temi che la pratica del calcio a 5 possa in qualche modo rovinarli.
“Non è una cosa di cui mi preoccupo. Io accetto tutte le consueguenze che derivano dalle mie scelte, positive o negative che siano, così come per il tennis ho accettato di infortunarmi alla spalla o al braccio. Indubbiamente i piedi sono una parte del mio corpo di cui mi prendo cura, come è giusto che sia, ma non temo comunque che la pratica del calcio a cinque li possa danneggiare.”
Tennis, calcio a 5, teatro, moto, go kart, equitazione, e certamente dimentico qualcosa. Quanta energia ci vuole per sostenere tutti questi interessi? Cos’è, fame incondizionata di vita? Incapacità di selezionare qualcosa in particolare? Paura di annoiarti?
“Nessuna delle opzioni indicate. Io non ho mai pensato di fare tutto e niente per bene. Tutte le cose che faccio le faccio perché ho l’energia per farle, certo, ma le faccio tutte con la stessa passione, dando a tutte le attività la stessa importanza, anche perché l’obiettivo finale, che è quello di arrivare al massimo, le accomuna tutte.”
Quindi ti ritieni brava in tutte queste cose?
“Sì, mi ritengo brava, ma non perfetta. Come ho già detto, in ogni cosa cerco di fare del mio meglio e non mi importa se qualcuno può storcere il naso solo perché mi dedico a molteplici attività. D’altro canto, non mi è permesso giudicare coloro che non riescono a portare a termine nemmeno un’unica attività o che per raggiungere certi standard hanno bisogno di un tempo maggiore da dedicare ad ognuna.
Inoltre, questa diversificazione è anche un modo per scoprire me stessa: qualora scoprissi di possedere untalento in particolare, allora sì, in quel caso sarebbe opportuno specializzarmi in quella singola disciplina. In questa fase, tuttavia, il mio obiettivo è proprio quello di impegnarmi in tante cose, ovviamente con un’adeguata organizzazione: le mie attività hanno la priorità su tutto, anche sulla vita sociale, anzi si può dire che le mie attività rappresentano a tutti gli effetti la mia vita sociale.”
E tra queste molteplici attività che posto occupa lo studio?
“Io sono follemente innamorata dello studio e della cultura. Per me lo studio è quella boccata d’aria che di solito le persone prendono quando studiano. Per me la pausa coincide con lo studio stesso. Sì, per essere più chiara, io sfrutto lo studio per prendere una pausa dalle mie attività. Lo studio è la mia priorità, ma non la mia principale attività. Studiare mi aiuta a far volare il pensiero, a liberare la mente. A vedere con chiarezza i miei obiettivi.”
E quali sono i tuoi obiettivi?
“Io voglio fare l’insegnante di latino e greco, laureandomi come filologa classica. Sicuramente mi piacerebbe rimanere all’università, magari fare un dottorato di ricerca, ma la prospettiva di insegnare al liceo mi affascina di più. Voglio stare a contatto con i ragazzi, dare il massimo, trasmettere ideali, amore per la cultura, insomma, quello che le persone, che ho avuto la fortuna di incontrare lungo il mio percorso, hanno trasmesso a me. Voglio insegnare qualcosa, perché credo di poter dare qualcosa. Poi…”
Poi…?
“Se un domani ci dovesse essere l’opportunità di entrare nel mondo del cinema, dello spettacolo, non mi tirerei indietro, ecco. Ma sono consapevole del fatto che si tratta di un mondo difficile e anche brutto, dove anche la passione potrebbe non bastare, soprattutto, se ti fissi con l’idea di doverci entrare per forza. Intanto, perché ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, e poi perché in genere il regista di turno ha già un volto in mente e quel volto spesso non è il tuo. Comunque, è sempre una battuta, non è tra le mie prerogative. Piedi per terra…”
Teniamoli in aria per un altro po’, questi piedi: giocando a sognare, con quale regista ti piacerebbe lavorare?
“Ferzan Opzetek: il cinema turco, compresi attori quali Kivanc Tatlitug e Tuba Buyukustun, mi affascina. In Italia apprezzo Paolo Sorrentino, Michela Andreozzi, mentre tra gli attori Elena Sofia Ricci, Luisa Ranieri, Luca Argentero, Matilda De Angelis.”
L’avere studiato recitazione ti ha portato ad avere una dizione molto buona anche proprio nel parlato comune. Volevo chiederti se questo rispetto oserei dire ossessionato per la lingua italiana, anche proprio da un punto di vista fonetico, non possa in qualche modo allontanarti dalle tue radici campane.
“Sono cresciuta in quella campana di vetro, di cui parlavo prima, per cui la realtà del dialetto mi ha toccata ben poco. Nonostante la realtà un po’ ovattata, tuttavia, ho sempre avuto la possibilità di fare esperienze e confrontarmi con persone diverse sotto tutti i punti di vista. In un certo senso, ho fatto del confronto con gli altri il mio punto di forza, tra l’altro, una delle mie canzoni preferite cita ‘credo nel confronto/ che fa stare in pace tanta gente/ tutto è collegato/dalle fogne fino al cielo stellato’ (Dolcenera, Credo). Dunque, non è stata per me una forzatura e non ho dovuto fare molti sacrifici per distaccarmi, almeno in ambito lavorativo, dalla realtà dialettale. Eppure, conoscere bene il dialetto sarebbe funzionale anche per il teatro, anzi, forse la cosa più difficile per me è paradossalmente recitare in lingua napoletana.”
A proposito di artisti, vuoi raccontare un po’ questa simbiosi con la cantante Dolcenera?
“Manu, come la chiamo io, è stata la luce in fondo al tunnel. Venivo da un periodo non facile sul piano personale, era il 2015, facevo particolarmente fatica, cosa che mi capita tutt’ora, a mantenere i rapporti, forse per via della mia schiettezza, perché dico sempre quello che penso. Da quel momento c’è stata un’escalation di emozioni, e Manu con le sue canzoni mi ha conosciuto e riconosciuto sia quando stavo al massimo della mia energia, della mia gioia, sia nei momenti più difficili. Ovviamente non posso dire di avere con lei un rapporto di amicizia o parentela, è solo un rapporto fan/personaggio pubblico. I suoi testi implementano la mia voglia di libertà individuale ma pur sempre nel rispetto degli altri.
Brani come Niente al mondo (Chi sogna non ha regole/E non si arrende mai/La vita che s’immagina/Diventerà realtà/Chi ama non sa vivere/Io non imparo mai/Sei tu il più grande sogno che io no, non venderei/Mai per niente/Niente al mondo) e Universale (Determinare sorti/Non è virtù dei fessi/Avere più fiducia/Per credere in se stessi/Ma è come avere in mano un libro/Senza le parole, le parole/ Ora scriverò il mio nome/Cosa vorrei fare/Cose che m’inventerò/Cos’è l’odio?/Avide proteste per il rispetto/Fra di noi) sembrano scritti su misura per me.”
In un tuo post su Instagram compare la frase “Non so dove mi stia portando la vita, ma lascio fare, magari conosce la strada meglio di me”: cos’è, fiducia estrema in te stessa oppure nel caso, o magari in entrambi?
“Io ho estrema fiducia in me stessa e non ho problemi a dirlo. Io sono la mia miglior amica e la mia peggior nemica. È un po’ come la questione dei piedi: io accetto tutte le conseguenze delle mie azioni, nel bene e nel male. Questo significa che quando faccio una cosa è perché la voglio fare, anche la più imprevedibile… Ho piena fiducia in me, però anche nel destino, prendo la qualunque. La ruota gira per tutti.”
Un’ultima curiosità: perché ai CNU hai scelto la maglia numero 3?
“Per la cabala ebraica. Il numero 3 accomuna le date di nascita delle persone più importanti della mia vita, in particolare mio nonno. Il 3 è molto ricorrente nella mia famiglia, nella mia vita, tutte le cose belle che faccio hanno come protagonista il 3. Prima di scegliere il numero di gioco ho fatto proprio una ricerca in questo senso, e nessun numero, più del 3, numero cristiano per definizione, poteva rappresentare valori, principi, pilastri su cui fondare la ricerca della mia perfezione. Io parlo di perfezione in quanto essenza, perché credo che ogni persona debba scoprire la propria. Magari gli esseri umani non saranno sempre eccellenti, anzi, non lo sono quasi mai; ma perfetti sì, devono solo scoprirlo. Ecco, io sto cercando la mia perfezione.”
A cura di Luigi Fattore
©Riproduzione Riservata